mercoledì 15 febbraio 2012

Mario Monti ha detto NO alle Olimpiadi di Roma e noi siamo contenti. Anche Pietro Mennea lo è, e non è poco, visto che lui queste cose le studia da un bel pò

Sarà che al turismo c’ha messo Piero Gnudi, a me sto Mario Monti comincia a piacermi sempre meno, e mi sa che domani mi piacerà ancora meno del meno... son sensazioni dettate dalla mia età?... boh; sarà!
Però ha detto NO alle Olimpiadi di Roma del 2020!
Comunque sta cosa l’ha indovinata anche se non ci voleva poi molto.
E così il Mario Pescante, Gianni Alemanno e Giovanni Petrucci se ne dovranno studiare un’altra per … vabbè, lasciamo perdere che l’è meglio.

Prima di tutto devo ancora capire a che possano servire le Olimpiadi in quel di Roma, anche perché una città che ha tutto quel pò pò di patrimonio artistico e culturale da far invidia, non solo al mondo ma all’universo intero, non mi si venga a dire che la sarebbe stata fatta per far arrivare qualche turista in più.
Ma bando alle ciance, ecco di seguito quello che dice Pietro Mennea, una persona seria e perbene.

Molti sostengono che le Olimpiadi rappresentano una grande occasione per aumentare i posti di lavoro, per fare ripartire l'economia del Paese e per richiamare il turismo nella citta' e nel Paese che le ospita, ma questa e' una tesi che sino ad oggi si e' rivelata errata.
Anzi, in Italia qualcuno ha persino sostenuto che le Olimpiadi si possono organizzare a costo zero.
Prendendo in considerazione la proiezione “Prometeia” secondo la quale i Giochi Olimpici a Roma «creerebbero 29 mila posti di lavoro nel 2020 e di 12 mila negli anni precedenti e successivi per un totale di 170 mila unita'/anno di lavoro», bisogna precisare che questi dati non sono reali, perche' alle Olimpiadi moderne non e' associabile alcun valore di utilita' sociale.

A parte gli atleti che partecipano alle competizioni, le principali ricadute sul territorio sono rappresentate da cantieri necessari alla realizzazione delle strutture olimpiche e quelle corollarie ad esse.
Tali attivita', hanno una durata limitata ai tre-quattro anni precedenti i Giochi Olimpici, e non garantiscono la nascita di un meccanismo che produce lavoro in modo continuativo nel tempo.
La ricaduta turistico-pubblicitaria in generale, poi, non e' provata: non vi sono studi che dimostrino con certezza che le localita' che hanno ospitato importanti eventi sportivi abbiano una netta crescita dei flussi turistici.

I vantaggi economici che un Paese organizzatore delle Olimpiadi puo' ricevere dal turismo, non hanno mai rispettato gli esiti sperati.
Infatti, anche per le Olimpiadi di Roma 1960, nel momento in cui si presero in esame i ricavi apportati ai Giochi da questo settore, risulto' che i ristoratori e gli albergatori avevano ricevuto benefici minori, rispetto alle aspettative provenienti dal gran flusso turistico, perche' il «grosso dell'enorme introito, derivante dai turisti e dagli ospiti delle Olimpiadi e' finito, per qualche tramite, in una cassetta di sicurezza all'interno del Vaticano», cioe' in uno Stato estero, come scrisse all'epoca la Pravda.

GIOCHI IN FLOP

Citta' come Roma, Atene, Pechino, non hanno bisogno di organizzare i Giochi Olimpici per incrementare il turismo; sono le stesse citta' con la loro storia e i loro monumenti ad incrementare il turismo: chi va a vedere le competizioni e' soprattutto un appassionato delle varie discipline sportive.
Anche in occasione delle Olimpiadi di Barcellona 1992 si volle giustificare la organizzazione dell'evento con l'aumento dei turisti che vi sarebbe stato.
E invece a Barcellona, nei tre anni successivi ai Giochi, i turisti sono addirittura diminuiti.
Se poi il numero dei turisti e' di nuovo cresciuto, nessuno ha mai collegato questo aumento con “la crescita complessiva della Spagna come destinazione dei flussi turistici”: comunque qualcuno, ancora oggi, si ostina sostenere che sono aumentati grazie ai Giochi del 1992.

In sostanza, i Giochi Olimpici del 1992, da tutti indicati come un modello da imitare, nella realta' non lo sono assolutamente e, di questo, ne e' anche complice una parte dei media, i quali hanno voltato la testa dall'altra parte ogni volta che avrebbero dovuto raccontare quale fosse la realta' in quella edizione dei Giochi.

Con i Giochi Olimpici a Barcellona i costi delle abitazioni nuove e di quelle gia' esistenti sono cresciuti dal 1986 al 1992 rispettivamente del 240 e del 270%.
Mai vi fu una crescita tanto elevata del mercato immobiliare, ed il merito fu delle Olimpiadi, che pero' crearono un aumento delle ineguaglianze tra i diversi strati della societa'; infatti per un cittadino di Barcellona e' diventato sempre piu' difficile acquistare una casa di proprieta', almeno subito dopo i Giochi Olimpici.
Le Olimpiadi di Torino 2006 sono state un flop.

Organizzazione in ritardo, basso profilo, assenza di spirito olimpico, minaccia di scioperi, biglietti invenduti (senza calcolare quelli che sono stati dati in omaggio), camere d'albergo desolatamente vuote (si calcola che per Torino 2006, le stanze d'albergo invendute sono state almeno 2.500), e poca pubblicita': insomma si e' verificata una scarsa affluenza di pubblico.
Nonostante cio', in Italia i giornali hanno descritto le Olimpiadi di Torino 2006 come un'edizione di grande successo.
E cio' non fa che confermare che parte della stampa sia al servizio del potere politico, economico e sportivo e, talvolta, sia interessata soprattutto a curare i propri interessi.

LA CINA E’ VICINA

Anche le Olimpiadi di Pechino sono state un insuccesso per il turismo, che si e' rivelato molto al di sotto delle aspettative.
Infatti il vice direttore del turismo a Pechino, Xiong Yuemi, ha dichiarato che solo il 45,5 delle camere degli hotel a 4 stelle e' stato prenotato.
Le prenotazioni negli alberghi a 3 stelle, invece, sono state al di sotto del 50%. Mentre gli hotel a cinque stelle, prenotati in larga parte dai dirigenti dei Comitati Olimpici, dagli sponsor e dai delegati delle varie nazioni, hanno raggiunto il 70% di occupazione. Sino al 2005 a Pechino vi erano 548 hotel, in grado di ospitare ben 500 mila persone.

Nel 2008 gli alberghi sono aumentati fino ad 800, con un incremento della disponibilita' dei posti letto arrivata a un milione. Per tutta la durata dei Giochi Olimpici, pur di attirare turisti, le catene alberghiere hanno ridotto le tariffe della stanze di albergo del 10% e del 20% ed anche del 30%, rispetto ai prezzi di maggio e giugno 2008.
A poco e' valsa la riduzione dei prezzi delle camere d'albergo e le relative facilitazioni previste per i turisti che andavano durante i Giochi; Pechino aspettava circa mezzo milione di turisti per il periodo olimpico dall'8 al 24 agosto 2008, ma il numero e' stato nettamente inferiore.
Un quarto delle prenotazioni effettuate da stranieri sono state annullate alla fine di maggio 2008.
A dare questi dati sono stati l'Asia News, l'Agenzia del pontificio Istituto Missioni Estere e Xu Xingdon, Istituto Tecnologico di Pechino.

Anche la capitale cinese, insomma, non e' sfuggita alla cosiddetta “maledizione delle olimpiadi”. Infatti, per i Paesi organizzatori dei Giochi, quasi sempre (invariabilmente) si verifica un triste epilogo.
A partire dai Giochi Olimpici di Melbourne 1956, Tokyo 1964, Los Angeles 1984, Seoul 1988, l'economia nazionale dopo le Olimpiadi ha avuto una brusca frenata. Dopo le Olimpiadi di Barcellona 1992, in Spagna si e' avuta perfino una forte recessione.
Dopo Sidney 2000 e Atene 2004, nelle rispettive nazioni si e' avuta una frenata dell'economia, passata dall'1,5% al 2%.
Delle undici olimpiadi che sono state organizzate dal 1956 ad oggi, solo l'edizione di Atlanta 1996 non ha prodotto un indebolimento dell'economia e della valuta della nazione organizzatrice dei Giochi.
Ma per gli analisti finanziari cinesi i segnali erano ben chiari fin dai primi giorni dei Giochi: agli ingenti investimenti nelle infrastrutture con i relativi effetti, anche nella aree piu' lontane da Pechino e sui consumatori, e ad afflusso dei turisti (che in Cina e' stato molto limitato), e' seguito un periodo in cui tutti gli entusiasmi si sono man mano spenti.

PIL E SOTTO PIL

A partire dalle Olimpiadi dal 1956, «i tassi di crescita del Pil, dei beni capitali e degli investimenti totali, ha registrato una decelerazione rispettivamente del 4%, del 6% e del 10% dell'anno precedente i giochi a quello seguente».
Questo ha riferito ai giornali economici Stephen Jen di Morgan Stanley.
In Cina, peraltro, e' stata organizzata la piu' costosa Olimpiade della storia.
Gli investimenti per le infrastrutture dei Giochi hanno raggiunto la somma di 40 miliardi di dollari, vale a dire il 14% del totale di Pechino e l'1 % del totale nazionale.
Bisogna anche tener conto che l'economia in Cina e' stata frenata dalla chiusura, durante il periodo olimpico, delle fabbriche piu' inquinanti di Pechino: il traffico e' stato ridotto del 50% e sono stati decisi blackout a rotazione nelle diverse province per evitare l'interruzione di elettricita' nella capitale.

Il rallentamento economico nel paese e' avvenuto anche perche' la chiusura dei Giochi e' capitata in un momento sbagliato per il Paese; infatti, negli ultimi sei mesi dall'inizio dei Giochi, le Borse cinesi hanno perso quasi il 50%: l'andamento del mercato immobiliare ha avuto una brusca frenata.
L'indice del PMI e' diminuito del 50% mostrando una certa contrazione.
Gli investitori hanno iniziato a ritirare i capitali da tutta l'area asiatica che ruota attorno alla Cina: e cioe', Corea, India e Taiwan che, in fondo, rappresentano i mercati con piu' denaro contante e quindi sono quelli piu' a rischio.
La fine dei Giochi non ha fatto altro che peggiorare la situazione economica, a cui si e' aggiunta la crisi delle province orientali che si affacciano sul mare.
L'interrogativo, che molti si pongono, e' se vale ancora la pena contribuire ad alleggerire le casse di un Paese, per realizzare un evento sportivo. 
La realta' e' che il Comitato Internazionale Olimpico non ha retto il confronto con i processi sociali, culturali ed economici in atto e si e' presentato inerme di fronte a loro. 
Non ha saputo o potuto rispondere, con un apparato concettuale forte, perche' il sistema decoubertiano non era stato aggiornato: e' stato piuttosto imbalsamato, o respinto del tutto, il che e' la medesima cosa.

Qual e' allora il motivo, o quali sono i vantaggi per cui le citta' e i paesi continuano a chiedere l'organizzazione delle Olimpiadi? 
La risposta e': il guadagno privato con investimento pubblico, public expense for private gain. 
La dimensione dei Giochi e' cresciuta sempre piu' e dietro questa crescita si muove una strategia politico-affaristica che punta molto alla costruzione di impianti e infrastrutture. 
Naturalmente, con i fondi pubblici. 
Tutto viene realizzato con l'aiuto della politica e dei media, sempre pronti a giustificare le grandi costruzioni con la ricaduta positiva sull'immagine internazionale del Paese organizzatore e sul maggiore afflusso di turismo in occasione dell'evento olimpico.

Pietro Mennea

P.S.: Ci sarebbe ancora una cosetta da capire, e vale a dire quanto l'è costato finora quest'ambaradan che era presumibile non si facesse (ma non a loro), e chi ha pagato o chi paga.
E scommetto che l'avete già capito.
E mentre nell'ottobre 2009 la signora Michela Brambilla ritenne che la candidatura di molteplici città italiane, Roma, Venezia, Bari e Palermo alle Olimpiadi 2020, fosse da interpretare come un successo della nazione, e che quattro grandi città avessero (per lei) tutte la statura per ospitare le Olimpiadi ... non sarebbe stato un caos, bensì un di più che non tutti i paesi avrebbero potuto vantare.

Poi per fortuna il buon Dio l'ha allontanata da quel ministero, e tutti vissero un pò più felici e contenti.

14 commenti:

  1. Enit società per azioni: è questo il modello che un emendamento PD al decreto sulle Liberalizzazioni intende dare all’agenzia per la promozione turistica del Paese. Nel testo dell’emendamento si legge tra l’altro che nella trasformazione in SpA si salvaguarda la maggioranza pubblica e che la dotazione finanziaria iniziale va fissata in misura non inferiore al fondo di dotazione dell’Enit, come assegnato dall’ultima legge di bilancio dello Stato.



    Mantenuti anche gli uffici di rappresentanza esteri, attraverso i quali la nuova SpA può realizzare le strategie di promozione, di commercializzazione dei prodotti turistici italiani e di diffusione delle informazioni turistiche a livello nazionale e all’estero; inoltre può svolgere attività di consulenza e di assistenza per lo Stato, le regioni e gli altri organismi pubblici e privati in materia di promozione del turismo.



    Il rapporto di lavoro del personale alle dipendenze dell’Enit al momento della trasformazione – si legge nell’emendamento - “proseguirà con Enit ed è disciplinato dalla contrattazione collettiva e dalle leggi che regolano il rapporto di lavoro privato”.



    Il ricorso di Marzotto

    Nelle stesse ore Matteo Marzotto, ex presidente e commissario dell’Enit, ha presentato ricorso al Tar rimettendo indirettamente in discussione la designazione di Pier Luigi Celli alla presidenza dell’Ente, avviata dal ministro del Turismo Piero Gnudi. «L’ho fatto per tutelarmi», spiega Marzotto. L’ex presidente nega. Infatti, di aver presentato ricorso per la mancata riconferma al vertice dell’Ente. «È legittimo che il ministro abbia preso la decisione che riteneva più giusta – spiega – Non rivoglio indietro nulla, ma se ho una responsabilità, devo sapere di averla e me la prendo in pieno».



    Dalla parte sua, ci sarebbero, due pareri dell’avvocatura dello Stato sui poteri del commissario. Nel giugno 2008 Marzotto era stato nominato presidente dal governo Berlusconi, e nell’estate 2009 è diventato commissario. Dall’estate 2010 l’Ente è stato dotato di un nuovo consiglio di amministrazione, formato da quattro membri più il presidente, che in otto mesi è stato convocato solo tre volte, e mai da Marzotto: a convocarlo è stato infatti il vice presidente Mauro Di Dalmazio.



    Il nuovo CdA sarebbe insomma, in base al ricorso di Marzotto, una sorta di vertice abusivo, né avrebbero valore le delibere da esso adottate. Nel corso di questa settimana la proposta di nomina di Celli alla presidenza dell’Enit andrà all’esame delle Commissioni competenti di Camera e Senato. Poi si vedrà. Sempre che Marzotto non vinca il ricorso.

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  2. @Brancadoria

    Quì c'è lo sperpero effettuato in quell'occasione

    http://tuttosbagliatotuttodarifare.blogspot.com/2010/01/abbandonati-gli-impianti-delle.html

    :(

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  3. @Repetti

    Eppure le leggi parlano chiaro, ma probabilmente solo per noi mortali.
    Loro (forse) se la girano come meglio l'aggrada.

    :(

    Certo che l'opposizione (PD) poteva anche andarci giù un pò più duro che presentare degli emendamenti che è da mò che sono stati presentati.
    L'iter?

    No, il Milan!

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  4. Finalmente qualcuno che pensa a non fare brutte figure e agli italiani.

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  5. Mennea fa un'analisi che dimentica, imho, una voce fondamentale: i diritti televisivi su scala mondiale.
    Fatto 100 il costo totale di un'operazione Olimpiadi, mi piacerebbe capire che percentuale viene coperta, potenzialmente, dalla vendita dei diritti televisivi.
    Nel 1960 probabilmente la percentuale era abbastanza bassa. Oggi credo che le cose siano nettamente diverse.
    Mentre l'aspetto "turistico" è forse più marginale.
    Ma bisognerebbe avere dei numeri reali a disposizione per capire veramente come stiano le cose.
    Dopodiché visto il ns. livello attuale di debito pubblico, se per almeno 10-15 anni non ci impelaghiamo in operazioni del genere probabilmente è meglio.

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  6. @Frap

    Vero, e non c'avevo pensato.

    Bisognerebbe fare una comaprazione con la Cina e la Grecia che sono più recenti.
    Ma anche li non credo sia andata così bene.

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  7. @Luciano
    Qui, ad es., danno qualche numero (non so quanto affidabile) su Atene, che lascerebbe intendere una copertura del 27% circa sul costo stimato iniziale dell'operazione, diventato poi però il 13% circa sul costo finale effettivo.
    Naturalmente oltre i diritti televisivi ci sono le sponsorizzazioni.
    A naso, comunque, mi sa che un'operazione del genere difficilmente possa andare in attivo.
    In un Paese come il nostro, con i ns. sistemi d'appalto poi, figuriamoci.
    Basti ricordare appunto i mondiali di nuoto del 2009.
    Che se la smazzino tra loro, e con molto piacere, Tokyo, Madrid, Istanbul, Doha e Baku.
    Ma comunque non ho ben capito: il termine ultimo per la presentazione delle candidature delle città interessate ad ospitare le olimpiadi estive del 2020 non era il 1 settembre 2011?
    L'hanno prorogato?
    Oggi comunque scadeva la presentazione delle domande e delle lettere di garanzia e impegno al CIO, per cui...
    Ci capisci qualcosa in più?

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  8. Ah.. ok, la candidatura era stata presentata nel 2010. Praticamente il diniego è sulla lettera di garanzia al CIO.
    Qui un'infografica su costi e ricavi presunti.
    Han fatto bene a dire no, imho.

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  9. @Frap

    Presunti ...

    Che naturalmente si tramutano poi in tutt'altre spese e ricavi.

    Vedi Torino dove il manageriamento (a quanto ne so) è stato pagato dopo mesi e mesi.

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  10. E di vergognarsi non se ne parla nemmeno, vero?


    Cavolo che pena!


    :(

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