lunedì 16 aprile 2012

Carnival Miami ha deciso: Costa non sparirà

E' forse la più gran bella notizia degli ultimi tempi (per me), e ci manca solo che Enrico Musso possa diventare Sindaco di questa città e siamo a cavallo (per tutti).
E scrivo per tutti poichè anche coloro che attualmente non la pensano così, beh; nel qual caso avvenga la felice e produttiva elezione (e a quanto si narra ci sono delle buone possibilità), i tutti si ricrederanno in men che non si dica.

La voglia di fare, e fare anche bene, di Enrico Musso non ha pari, e posso giurare che mai l'ho vista qui nella stessa maniera e da quando sono rientrato nel BelPaese, estero compreso.
Forse la potrei paragonare a quella notata (s'era negli anni '80) con Ronald Reagan e il "suo buonissimo team" (una squadra da far paura per le conoscenze, serietà e professionalità) che ha saputo organizzare per ridare la speranza in quei posti la.
La storia ha poi insegnato che l'andò proprio così!

Perchè le due cose insieme (Costa Crociere e Enrico Musso)?
Mah, perchè avrei un certo progetto che rientra appunto in quest'ottica qua e che ... vabbè, è troppo presto per dirlo e tempo al tempo.

Comunque sia o sia stato, la Carnival ha deciso che il marchio Costa Crociere non sparirà.
Evviva!

Solitamente l’assemblea degli azionisti Carnival non è uno di quegli eventi cerchiati in rosso sul calendario. Il gruppo crocieristico più grande del mondo è saldamente nelle mani del suo patron, Micky Arison, e il meeting con i piccoli azionisti non attira a Miami più di 20 o 30 persone.
Quest’anno però l’aria era diversa: all’incontro si sono presentate 150 persone - tante, per le saletta del “W” Hotel - perché questo era anche il terzo appuntamento nel quale i vertici di Carnival (Arison e il suo vice Howard Frank) dovevano a fare chiarezza sul destino di Costa Crociere, a tre mesi esatti dalla tragedia della “Concordia”.
Così, come dopo la presentazione della prima trimestrale del 2011 e l’apertura del SeaTrade di Miami, Carnival ha confermato il suo impegno a tenere in piedi il marchio Costa Crociere. Frank - artefice dell’incorporamento in Carnival della compagnia genovese nel ’97 -.

Il marchio è molto forte in Europa, ha molti affezionati e sta diventando un punto di riferimento in Asia». Tutte condizioni per cui Costa oggi «vede la luce in fondo al tunnel».
Dal meeting con gli azionisti sono dunque emersi nuovi dettagli sul periodo post-tragedia: è stato specificato che Costa ha avuto un calo delle vendite dell’80% nelle sei settimane successive al disastro.

Contestualmente, la compagnia genovese ha cancellato tutti gli impegni sul fronte marketing, abbassando però i prezzi con percentuali a doppia cifra.
A livello di gruppo, le prenotazioni sono calate del 9%, ora sono in crescita del 3.
Mentre i prezzi sono in discesa, oltre il 5% - in aumento rispetto alle sei settimane dopo il Giglio (era -3%). Nel frattempo, Carnival sta attuando un piano generale di revisione della sicurezza a bordo - primi risultati previsti entro luglio - che riguarda sia le procedure da seguire in caso di emergenza, sia interventi tecnici sulle navi per rendere le procedure di soccorso ed evacuazione più spedite rispetto a quelle seguite finora.

Per quanto riguarda la situazione di Costa, illuminante risulta la lettura del documento interno “Costa Post Concordia” fatto girare negli uffici di Piazza Piccapietra dallo scorso 3 aprile.
Se infatti in Italia al 30 marzo i volumi risultano in crescita del 16% (dopo un crollo dell’85% al 20 gennaio), Costa soffre ancora in Spagna, dove nella settimana a seguito del naufragio le prenotazioni sono scese del 70% e ancora al 30 marzo erano sotto del 47% rispetto ai volumi dello stesso periodo dell’anno precedente. Timori anche per la ricca clientela tedesca, irritata anche dall’effetto negativo prodotto dall’avaria di “Allegra” il 9 marzo scorso.

Dopo il minimo del 3 febbraio, le prenotazioni in Germania si stavano lentamente riprendendo, per poi tornare sotto del 4%. Male anche la Francia (al 30 marzo -44%) e i mercati esteri (-11%).
Il caso “Concordia”, ma anche l’aumento del carburante e un rallentamento del business peseranno sugli utili distribuiti agli azionisti, che passeranno dai 2,42 dollari ad azione del 2011 agli 1,40-1,70 di fine 2012.





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