martedì 10 aprile 2012

Per la Corte Costituzionale il Codice del Turismo della Michela Brambilla è “parzialmente” bocciato per incostituzionalità. Ma va?


Ricordo solo che quando chiesi l’aiuto di qualche altro “famoso” blogger del turismo nazionale (quelli tanto bravi e buoni scribacchini nonchè belli solo per le loro teorie, mentre quelle degli altri son solo delle cazz cavolate) per mettere in evidenza l’assurdità di sta cosa, in risposta ci fu solo il silenzio.
In verità chi m’ha risposto ed aiutato c’è stato, e fu frap1964, ma di lui non avevo il minimo dubbio. E’ uno che c’azzecca, eccome se c’azzecca!

Comunque è o sia avvenuto, il Codice del Turismo della Brambilla, è stato “parzialmente” bocciato per incostituzionalità dalla Corte dei Conti.

Infatti la Corte Costituzionale ha bocciato in parte o del tutto 19 articoli del Codice del Turismo, il decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79, voluto dall’allora ministro Michela Brambilla.
Il decreto, che riordinava sostanzialmente la normativa di settore, suscitò come noto polemiche roventi (e primo tra tutti proprio sto blog) (basta cliccare Codice del Turismo nel motore di ricerca sul blog che n'escono fuori in gran quantità e del tempo che fu), per la totale solitudine nella quale il ministro e i suoi consulenti avevano studiato il testo, senza minimamente consultare né coinvolgere le associazioni di settore.
Quindi sono stati accolti i ricorsi presentati dalle Regioni Toscana, Puglia, Umbria e Veneto.
Le quali avrebbero voluto una bocciatura totale, che non c’è stata, ma sostanzialmente vincono dove accusano lo Stato, come spiega la Corte nella sentenza 80/2012, “di un accentramento di competenze spettanti in via ordinaria alle Regioni, in forza della loro competenza legislativa esclusiva in materia di turismo.
Perché lo Stato avrebbe potuto solo riordinare la normativa corrente in fatto di turismo.

E cosi la scure del giudice delle leggi, con la sentenza depositata la settimana scorsa 80/2012, è calata su un pacchetto consistente di norme.
In particolare la decisione ha dichiarato «l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79 (Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, a norma dell'articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246, nonché attuazione della direttiva 2008/122/CE, relativa ai contratti di multiproprietà, contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine, contratti di rivendita e di scambio), nella parte in cui dispone l'approvazione dell'art. 1, limitatamente alle parole "necessarie all'esercizio unitario delle funzioni amministrative" e "ed altre norme in materia", nonché degli artt. 2, 3, 8, 9, 10, 11, comma 1, 12, 13, 14, 15, 16, 18, 20, comma 2, 21, 23, commi 1 e 2, 30, comma 1, 68 e 69 dell'allegato 1 del d.lgs. n. 79 del 2011».
La questione di legittimità costituzionale sia sull'articolo 1 del Dlgs 79/2011 (che di fatto avrebbe annullato tutto il Codice) che su diverse norme dell'allegato 1 (in sostanza su singoli articoli) era stata posta dalle Regioni Toscana, Puglia, Umbria e Veneto.

La Consulta ha respinto la censura sull'intero provvedimento pur ricordando che «l'oggetto della delega era circoscritto al coordinamento formale ed alla ricomposizione logico-sistematica di settori omogenei di legislazione statale, con facoltà di introdurre le integrazioni e le correzioni necessarie ad un coerente riassetto normativo delle singole materie ma ha accolto le contestazioni sulle singole norme».
Ha invece accolto le contestazioni sulle singole norme perché «la delega non consentiva la disciplina ex novo dei rapporti tra Stato e Regioni» in materia di turismo.

E allora l'articolo 2  che contiene «i principi della produzione del diritto in materia turistica» cade perché “si tratta di materia del tutto nuova" che incide sui rapporti Stato Regioni e fuoriesce dai limiti della delega.
Peccano di "novità" anche gli articoli 3, sul turismo accessibile, 21 sulla semplificazione degli adempimenti amministrativi relativi alle agenzie di viaggio,  30, sulle agevolazioni per i turisti con animali al seguito e 68 sull'attività di assistenza del turista.

Mentre, tra gli altri, nel caso degli articoli 8 sulla classificazione delle strutture ricettive, 9 sulle strutture alberghiere, 10 sugli standard qualitativi delle imprese turistiche o 11 sulla pubblicità dei prezzi si tratta «accentramento di funzioni spettanti in via ordinaria alle Regioni» anche alla luce dell'accordo tra Stato, Regioni e Province autonomo recepito con Dpcm 13 settembre 2002.
Mi chiedo chi risponderà dei costi del procedimento davanti alla Corte Costituzionale, nonché che tutto questo fa riflettere sul valore dei consulenti che avrebbero dovuto garantire la sostanziale correttezza normativa del decreto.
Forse che se chiedeva ad un semplice blogger … magari anche a gratis, o no?

Fonte

22 commenti:

  1. ''La bocciatura di alcuni articoli del Codice del Turismo da parte della Corte Costituzionale e' la prova piu' tangibile di come in Italia normare il settore sia diventata una impresa quasi impossibile'': questo il commento del Presidente di Federalberghi, Bernabo' Bocca.

    ''La competenza esclusiva in materia turistica affidata alle Regioni dalla Carta Costituzionale - prosegue Bocca - e' un principio al quale i giudici della Consulta non possono che attenersi, ma e' anche un segnale che il mondo politico deve cogliere. Ogni qualvolta che lo Stato prova a dotare il settore di regole univoche e, dunque, sicuramente piu' orientate alle esigenze del mercato, una semplice opposizione delle Regioni cancella di diritto quanto proposto, facendo di fatto arretrare il nostro sistema che di tutto ha bisogno tranne che di confusione''.

    RispondiElimina
  2. @Vincenzo

    Abbè, sibbè!
    Ora che se n'è accorto anche il Bernabò Bocca, siamo a posto!

    ;-)

    RispondiElimina
  3. Qualcuno gli vada a spiegare, se ce la fa, che se non cambiano il Titolo V ... campa cavallo.

    A dopo per altre precisazioni ...

    RispondiElimina
  4. Letta la sentenza.
    Praticamente il Codice del Turismo, dopo la dichiarazione di illegittimità dei vari articoli e commi si riduce ad essere semplicemente un testo unico della normativa già pre-esistente.
    Ogni norma non pre-esitente ed impugnata dalle Regioni è stata cassata.
    Rimangono i vari premi e medaglie, se non sbaglio.

    Come abbiano fatto a "toppare" in modo così clamoroso i vari esperti giuridici chiamati da MVB come consulenti presso il suo DSCT rimane davvero un bel mistero.

    Ma ne avesse azzeccata una la rossa di Calolziocorte durante il suo mandato triennale. ;-)

    RispondiElimina
  5. @frap

    Trovarne una sarebbe come cercare il fatidico ago nel pagliaio.

    E' più facile trovare quelli che se ne dichiararono felici e contenti all'atto della sua nomina a sottosegretario e poi a ministro del turismo.
    Che poi sono quelli che adesso si repuatano insoddisfatti.
    Ma guarda un pò!

    ;-)

    RispondiElimina
  6. Però sono di nuovo felici e contenti della nomina del Piero Gnudi.

    Chissà se canbieranno di nuovo idea tra qualche mese?

    ;-)

    RispondiElimina
  7. Con il Gnudi la cambiano di sicuro e poi diranno che lo sapevano già.

    :-D

    RispondiElimina
  8. @Luciano
    Gli stessi entusiasti di Celli?
    Comunque sul sito di ENIT il presidente è tutt'ora un illustre sconosciuto (a cui però si può scrivere).
    Mentre il presidente del CdA risulta essere Matteo Marzotto (ma non era commissario?).

    RispondiElimina
  9. Si, sempre loro ... tutti felici e contenti. Poi appena vanno via, ecco che ... apriti o cielo!

    ;-)

    RispondiElimina
  10. Eccessivo accentramento di funzioni legislative di competenza delle Regioni. Con questa motivazione la Corte Costituzionale ha bocciato 19 articoli del Codice del Turismo, una delle ultime iniziative dell’ex ministro Michela Vittoria Brambilla prima del cambio di Governo. Un provvedimento che nelle ultime ore ha scatenato reazioni contrastanti da parte delle associazioni di categoria.
    Tradotto in altri termini, secondo la Corte Costituzionale il testo avrebbe commesso una sorta di ‘invasione di campo’ su competenze che in base alla Costituzione sono in mano alle Regioni. Tra gli articoli finiti sotto la scure della Corte Costituzionale, uno dei provvedimenti che interessava maggiormente il settore della distribuzione, ovvero la semplificazione degli adempimenti amministrativi relativi alle agenzie di viaggi, la cosiddetta S.c.i.a.

    Se le Regioni, almeno in parte, possono cantare vittoria, anche per le associazioni di categoria del turismo ci sono motivi di soddisfazione. Già al momento del varo del Codice del Turismo il settore aveva fatto sentire la sua voce, accusando l’allora Governo di non aver convocato il mondo delle imprese e delle categorie per la stesura del testo.

    "Una legge nata male che si è tentato di raddizzare e che è stata portata avanti a dispetto di tutte le annotazioni delle associazioni di categoria" ha commento Andrea Giannetti, presidente di Confindustria Assotravel. Fortunato Giovannoni, presidente Fiavet nazionale, rincara la dose: "La sentenza della Corte Costituzionale non ci ha colto di sorpresa. Le motivazioni che hanno portato alla clamorosa bocciatura del Codice del Turismo sono le stesse che Fiavet ha portato all’attenzione del Ministero quando lo stesso Codice è stato presentato alle imprese".

    Chi non è soddisfatto, invece, è il presidente di Federalberghi Bernabò Bocca: "La bocciatura è la prova più tangibile di come in Italia normare il settore sia diventata una impresa quasi impossibile". Secondo Bocca, la competenza esclusiva delle regioni in materia di turismo, infatti, rappresenta un handicap per l'intero comparto. "Ogni volta che lo Stato prova a dotare il settore di regole univoche e, dunque, sicuramente più orientate alle esigenze del mercato - conclude Bocca - una semplice opposizione delle Regioni cancella di diritto quanto proposto, facendo di fatto arretrare il nostro sistema che di tutto ha bisogno tranne che di confusione".

    RispondiElimina
  11. Nell’estate 2012, sulla Riviera romagnola ed a Comacchio, non si pagherà la tassa di soggiorno. È questo il risultato finale delle scelte che le singole amministrazioni comunali della costa della Regione stanno facendo nel predisporre i bilanci 2012. Ad annunciarlo, l’assessore al Turismo e Commercio della Regione Emilia-Romagna, Maurizio Melucci. Una “scelta non facile, data la situazione particolarmente difficile della finanza locale – osserva Melucci – ma possibile grazie ad una diversa modulazione delle aliquote sull’Imu, alla responsabilità ed al lavoro comune delle singole amministrazioni, alla disponibilità delle associazioni di categoria di farsi carico dei problemi dei bilanci comunali o accettando aliquote Imu superiori alla media sui fabbricati delle loro aziende. Oppure – prosegue – grazie ad iniziative innovative come quella del comune di Cattolica, che ha visto una vera e propria autotassazione degli operatori del settore del turismo per far fronte ai problemi di bilancio ed evitare l’imposta di soggiorno”. Secondo l’assessore Melucci, comunque, “il quadro nazionale evidenzia in modo chiarissimo tutti i limiti della scelta operata dal precedente Governo di reintrodurre nel nostro Paese la tassa di soggiorno. Le obiezioni e contrarietà sollevate sin dall’inizio – afferma l’assessore al Turismo della Regione Emilia-Romagna – si stanno dimostrando tutte vere. Dall’applicazione a macchia di leopardo, che sta creando sconcerto e confusione tra i tour operator turistici, ad un impatto negativo dei flussi turistici nelle città che hanno già applicato l’imposta di soggiorno, sino a giungere ad una minore competitività del nostro sistema turistico nazionale”. Per questo motivo, secondo Melucci, “appare opportuna una seria riflessione sull’imposta di soggiorno a fronte di strumenti più adeguati per finanziare il sistema turistico nazionale – conclude – e le città ad alta vocazione turistica”.

    RispondiElimina
  12. @frap sulla precedente nomina del presidente Enit già scrissi (2008) cose analoghe http://www.robertamilano.com/2008/07/lenit-ha-un-nuo.html: leggerti e rileggermi mi ha fatto quasi impressione.

    RispondiElimina
  13. @Ro3berta
    E' tutto normale.
    Il tuo post era del 4 luglio 2008.
    Matteo Marzotto è stato nominato con decreto del Presidente della Repubblica del 24 luglio 2008.
    Contrariamente a quanto si è letto ovunque, non è vero che il Governo ha nominato Celli, perché secondo lo statuto di ENIT la nomina spetta al Presidente della Repubblica su proposta del Governo (che in realtà ha solo approvato la proposta di nomina).

    RispondiElimina
  14. In effetti, basta andare sul sito del Quirinale e verificare:
    nella settimana 2-8 aprile non c'è alcun D.P.R. di nomina, dopo il CdM del 3 aprile.
    Prossimamente però...

    RispondiElimina
  15. Peraltro riguardo l'art. 23 (STL) di cui discute Ro3berta QUI, io mica ho capito come fa a stare in piedi l'articolo una volta aboliti i commi 1 e 2 (vedi commenti). Il comma 3 impone alle regioni di riconoscere i sistemi turistici locali di cui al presente articolo.
    Peccato che non si sa più cosa siano 'sti STL, visto che il comma 1 che li definiva è stato cassato in quanto incostituzionale. Mah...

    RispondiElimina
  16. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  17. Noto ora che secondo il decreto del 13 luglio 2011 Matteo Marzotto da commissario straordinario tornava ad essere Presidente.
    Carica che dovrebbe mantenere tutt'ora, sino a nuova nomina, come prevede lo statuto di ENIT.
    Invece improvvisamente la pagina del CdA di ENIT è stata aggiornata e il Presidente non c'è più. ;-)
    E da domani saranno 9 mesi di ENIT senza un CdA che possa lavorare compiutamente.
    Poi ci si chiede come mai il ns. turismo segni il passo.

    RispondiElimina
  18. Forse è una domanda scema.. ma se sono stati considerati incosituzionali 19 articoli, adesso valgono le leggi precedenti?

    RispondiElimina

Visualizzazioni totali